Joint venture tra Cina e Malesia per un nuovo parco industriale

L’unione fa la forza: il concetto deve essere stato assimilato piuttosto bene da Cina e Malesia, le quali hanno deciso di dar vita a una joint venture di spessore per quel che riguarda la costruzione di un nuovo parco industriale. Quest’ultimo, infatti, dovrebbe essere costruito nella parte meridionale dell’ex Impero Celeste, più precisamente nella regione autonoma del Guangxi Zhuang, come riferito nel corso della giornata di ieri dalle autorità di Pechino. Il parco in questione, inoltre, sorgerà nella città di Quinzhou. Si conoscono già alcuni dettagli al proposito, come ad esempio le dimensioni, con l’intero complesso che andrà a coprire circa quindici chilometri quadrati di area e con una potenziale espansione fino a cinquantacinque.

Archeologia industriale: le Fornaci Italiane di La Spezia

Se anche Napoleone Bonaparte ha voluto eleggere il Golfo di La Spezia come il più bello al mondo ci sarà un motivo più che valido: eppure, il capoluogo ligure può vantare delle bellezze anche al proprio interno, le quali hanno però finito con l’essere dimenticate o lasciate al loro destino. È il caso dell’antica sede delle Fornaci Italiane, uno splendido esempio di archeologia industriale, un pezzo di storia che in molti sono arrivati addirittura a paragonare a una splendida cattedrale. Questo vecchio stabilimento ha beneficiato del suo massimo fulgore soprattutto all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, quando era necessario come non mai ricostruire una città devastata dagli eventi bellici e l’impianto in questione veniva sfruttato a pieno regime per la produzione di mattoni e laterizi.

Il polo industriale di Carini è sempre più in fibrillazione

Carini, il comune siciliano in provincia di Palermo che rappresenta uno dei fulcri principali dell’economia isolana, sta vivendo una situazione non certo semplice per quel che concerne il suo polo industriale: in effetti, ben seicento occupazioni sono a rischio licenziamento, con la crisi economica che sta costringendo molte aziende e imprese a ricorrere agli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione. Qui sorgono nomi importanti dell’industria locale, quale Italtel, Palitalia (società che si occupa della costruzione di pali per l’illuminazione pubblica), Effedi e Imesi-Ansaldo Breda, ma i battenti in fase di chiusura sono purtroppo una costante dell’intera zona.

L’archeologia industriale pontina è alla ricerca di nuovi investitori

Il patrimonio industriale del nostro paese è davvero sterminato e va preservato anche per le generazioni future: Latina e l’intero territorio pontino circostante sono uno degli esempi più interessanti in questo senso, purtroppo caratterizzato da dimenticanze e abbandoni che non fanno certo onore. L’archeologia di questo tipo nella città laziale esiste da almeno quaranta anni, ma sfortunatamente esistono anche la speculazione e il degrado. Questo trend può e deve essere invertito quanto prima, soprattutto quando si capirà che ognuna di queste testimonianze può rappresentare un vero e proprio valore aggiunto per l’economia, con i siti industriali dismessi che possono aderire al nuovo marketing territoriale.

Il Museo dell’Industria e del Lavoro di Sesto San Giovanni

Sesto San Giovanni rappresenta uno dei comuni più popolosi dell’intera Lombardia con i suoi oltre 81mila abitanti: una delle attrazioni a cui si può fare affidamento, soprattutto se si è appassionati di questi argomenti, è il Museo dell’Industria e del Lavoro, una struttura che è sorta quando le fabbriche erano ancora pienamente efficienti e funzionanti dal punto di vista produttivo. C’è però da dire che la realizzazione vera e propria si è avuta nel momento in cui l’industria siderurgica ha visto calare le sue “rappresentanze” in questo territorio, con la maggior parte dei forni che sono stati progressivamente dismessi. Questo museo ha un intento ben preciso, vale a dire quello di offrire delle testimonianze tangibili e visibili della trasformazione di Sesto da piccolo nucleo dedito all’agricoltura a vera e propria città delle fabbriche.

Archeologia industriale: la guida ai siti della Toscana

La “Guida all’archeologia industriale della Toscana” è un volume davvero utile per chi volesse conoscere nel dettaglio il patrimonio lasciato dalle industrie nazionali nella regione del nostro paese: si tratta di un’opera di un certo rilievo, soprattutto perché è stata composta da Giuseppe Guanci, senza dubbio uno dei principali conoscitori dell’archeologia industriale italiana, nonché segretario dell’Aipai (Associazione Italiana Patrimonio Archeologico Industriale). Il libro in questione rappresenta un fondamentale vademecum per tutti coloro che volessero conoscere o avvicinarsi al territorio toscano e approfondirne la sua memoria storica e industriale. Il turismo archeologico di questo tipo sta sempre più prendendo piede, quindi una pubblicazione simile non può che risultare utile.

Calcestruzzo e costruzioni industriali: il betonaggio

Il betonaggio è l’insieme di operazioni che riguardano la confezione del calcestruzzo: le modalità di esecuzione, le quali comprendono il deposito dei materiali, i sistemi di dosatura, la preparazione dell’impasto, il trasporto del calcestruzzo stesso e talora anche la sua gettata, dipendono dall’entità della costruzione che deve essere realizzata. La preparazione a mano oppure a macchina per mezzo di betoniere è ancora impiegata, ma più che altro quando si tratta di impastare poche centinaia di metri cubi di calcestruzzo. Per quel che concerne invece le maggiori quantità si provvede all’impasto degli inerti in una apposita centrale di betonaggio che, centralizzando la maggior parte delle operazioni e riducendo nel cantiere i trasporti dei vari materiali, consente di realizzare degli indubbi vantaggi economici, oltre a una assoluta sicurezza della delicata operazione di dosaggio.

L’archeologia industriale rivaluta la zona del disastro di Marcinelle

Marcinelle, pochi chilometri a sud di Charleroi, miniera Bois du Cazier: questi nomi fanno purtroppo venire in mentre il grave disastro che costò la vita a ben 262 minatori, gran parte dei quali italiani che erano emigrati proprio in Belgio per motivi di lavoro. Ora, però, è possibile associare questo luogo anche a qualcosa di positivo, una straordinaria occasione di incontro in una zona del mondo che presenta un patrimonio archeologico industriale davvero importante e ricco. Il sito industriale in questione, infatti, è stato da tempo fatto oggetto di una riconversione molto interessante, tanto da diventare un vero e proprio museo con tre diverse sezioni che è possibile visitare. Anzitutto, si può accedere allo “Spazio 8 agosto 1956”, con la data del grave incidente che rimane ancora ben impressa nella memoria: in quest’area, vengono ricordati in modo adeguato i minatori che sono periti quasi cinquantasei anni fa.

I problemi della zona industriale nord di Fasano

Fasano, provincia di Brndisi, circa 38mila abitanti: l’economia della città pugliese si regge anche e soprattutto sulle diverse industrie che sono presenti sul territorio, in primis quelle legate alla pescicoltura, ma non bisogna dimenticare nemmeno quelle attive nella produzione di dolci. La zona industriale che si trova a nord del comune in questione vive una fase di fermento. In effetti, i residenti di questa stessa area hanno avanzato delle richieste ben precise e specifiche per una migliore vivibilità, come ad esempio gli interventi sulle fogne, sul settore idrico, l’illuminazione pubblica e i marciapiedi, in modo da ottenere una sicurezza piuttosto elevata. Non è un caso che proprio da pochissimo sia nata l’associazione Zona In, la quale ha il compito di premere l’acceleratore in questa direzione.

Il nuovo parco industriale dell’Aeroporto di Tulsa

Una mezza dozzina di promotori sta considerando in modo molto serio le opportunità e le caratteristiche tecniche per la creazione di un parco industriale di 136 acri presso l’Aeroporto Internazionale di Tulsa (città americana, il secondo maggior centro dell’Oklahoma): c’è ora grande attesa per un meeting che precederà la proposta formale, il quale si svolgerà a breve proprio all’interno della struttura in questione. In pratica, bisognerà capire quali sono i vantaggi, gli svantaggi e le necessità che si impongono per un parco simile e per il suo successivo sviluppo. La data del prossimo 29 marzo sembra comunque la più papabile in questo senso. Il Tulsa Airport Improvement Trust (meglio noto con l’acronimo Tait) avrà anche il compito di selezionare un numero di aziende adeguato che si possano impegnare nella costruzione di tale area e per questo c’è tempo almeno fino al prossimo 10 maggio.