L’indagine Ismea sulla fiducia nell’industria alimentare italiana

Il 2012 è e continua ad essere un anno decisamente difficile per l’industria alimentare del nostro paese: una ulteriore conferma, anche se non ce n’era bisogno, è giunta dall’analisi condotta dall’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), il quale ha messo in luce un terzo trimestre (il periodo compreso tra gli scorsi mesi di luglio e settembre) piuttosto complicato. La congiuntura è apparsa comunque in miglioramento rispetto agli altri trimestri, ma il clima di fiducia stenta ad affermarsi completamente. L’indagine in questione, infatti, si è concentrata su un campione composto da 1.200 operatori appartenenti al settore industriale a cui si sta facendo riferimento. Le preoccupazioni più forti sono destate soprattutto dagli ordini, peggiorati in maniera decisa rispetto allo stesso periodo del 2011.

La lavorazione industriale della barbabietola da zucchero

La coltivazione della barbabietola e lo sviluppo della relativa industria saccarifera si sono affermati nell’Europa centrale a oltre cento anni e più tardi nel nostro paese: già nel 1747, comunque, Margraf aveva estratto dello zucchero cristallino dalla radici di barbabietola. In Italia, più precisamente nel 1897, la coltura si diffuse in maniera molto rapida nella Valle Padana e successivamente nelle regioni centrali e sporadicamente al Sud. La pianta in questione è una coltura sarchiata da rinnovo e richiede dei terreni profondi e ben lavorati, con delle buone concimazioni, oltre a dosi di letame non troppo elevate.

La produzione industriale del malto

Il malto è il prodotto che si può ottenere dall’orzo germogliato, liberato dalle piccole radici e essiccato al sole: vi sono varie operazioni che bisogna compiere per ottenerlo in maniera diretta. Nello specifico, si tratta delle operazioni che prendono il nome di maltaggio e possono essere suddivise in tre categorie. Anzitutto, si procede con la cernita e la bagnatura dell’orzo, poi si prosegue con la germinazione e infine si conclude il tutto con la trasformazione del cosiddetto “malto verde”. La cernita consiste essenzialmente nell’operazione che viene effettuata con apparecchi molto simili a quelli per il frumento, i quali, oltre a separare i grani d’orzo secondo la loro grandezza, provvedono a eliminare le eventuali sostanze che sono estranee e mescolate ad essi.

Il vetro è il materiale preferito per i contenitori di cibo

Il vetro è riuscito a conquistare il primo posto di una classifica molto speciale: in effetti, come accertato da Feve (l’associazione europea che si occupa proprio dei contenitori realizzati in questo materiale), esso risulta essere il materiale più sfruttato e apprezzato dai consumatori del Vecchio Continente per quel che riguarda diversi aspetti. Nel dettaglio, uno dei vantaggi maggiormente amati si riferisce alla capacità di conservare in maniera intatta il gusto del cibo. Non è quindi un caso se nel nostro paese il vetro sia scelto da oltre sei persone su dieci per tale scopo (per la precisione si sta parlando del 62% dei consumatori).

Industria alimentare: la deodorizzazione

La deodorizzazione è il procedimento tipico dell’industria alimentare mediante il quale si vanno a neutralizzare e mascherare i cattivi odori relativi a una determinata sostanza. Una tipologia molto comune in tal senso è quella della deodorizzazione degli oli e dei grassi: di cosa si tratta nello specifico? L’operazione appena menzionata è molto importante e strategica per quel che riguarda gli oli e i grassi che sono destinati alla nostra alimentazione, in quanto lo scopo che ci si prefigge è quello di eliminare quelle sostanze volatili che sono responsabili del sapore e degli odori sgradevoli.

Industria alimentare: la stassanizzazione del latte

La stassanizzazione è uno dei principali procedimenti industriali che vengono sfruttati per la pastorizzazione del latte: il suo svolgimento è presto detto. Anzitutto, si procede con un apposito riscaldamento del liquido in questione alla temperatura di settantacinque gradi e per un tempo di circa quindici secondi. In questa maniera, il latte tende a circolare tra delle tubazioni molto sottili che sono realizzate in rame stagnato.

Industria alimentare: analisi e lavorazione delle farine

Con il semplice nome di farina s’intende dal punto di vista merceologico il principale prodotto che si ottiene dalla macinazione del frumento; l’espressione “farina di”, al contrario, sta a indicare i principali prodotti che si ricavano dalla macinazione di semi ricchi di amido e provenienti dalle graminacee (granturco e orzo in primis), dalle leguminose (fagioli e piselli) e dalle piante di altre famiglie. Le farine di frumento sono composte principalmente da amido, sostanze azotate (glutine) e da sostanze grasse, anche se in minore quantità, senza dimenticare i carboidrati, le sostanze minerali e un certo grado di umidità. Dal punto di vista commerciale, poi, si rende a distinguere le farine di grano tenero, vale a dire quelle che sono destinate alla panificazione, gli sfarinati e le semole di grano duro, destinati invece alla pastificazione industriale.

Industria alimentare e non solo: la salatura

Quello della salatura è il termine generico con cui si indica l’aggiunta di un sale a una sostanza. Nell’ambito dell’industria alimentare, ad esempio, essa consiste essenzialmente nell’impregnare in maniera più o meno profonda di cloruro di sodio gli alimenti come le carni, i salumi, i pesci e i formaggi, in modo da prolungarne la conservazione (un po’ come si faceva in passato, quando il frigorifero non era ancora stato inventato) e per conferire loro delle particolare caratteristiche organolettiche. L’azione conservante della salatura di cui si sta parlando si basa, oltre che sulle proprietà antisettiche del sale stesso, anche sulla disidratazione che esso può provocare nell’alimento.

Industria alimentare: la fabbricazione del burro

Spesso si danno per scontati molti prodotti, senza chiedersi da dove provengono e come vengono lavorati: è il caso del burro, alimento che possiamo trovare in qualsiasi frigorifero, ma anche e soprattutto un derivato industriale che merita un approfondimento. In effetti, esso deriva dalla sostanza grassa ricavata dalla lavorazione meccanica del latte di alcuni mammiferi. Volendo essere ancora più precisi, c’è da dire che il burro ordinario è quello che si prepara dalla crema del latte di mucca. La sua composizione include i grassi (fino all’87% del totale), l’acqua (10-12%), vari composti organici (lattosio, sostanze proteiche e lecitine) e infine delle sostanze minerali che sono rimaste conglobate tra i globuli di grasso.

Gli svariati impieghi industriali del sego bovino

Il sego, sinonimo di un altro termine, vale a dire quello di sevo, è il grasso dei bovini e degli ovini che viene estratto in particolare dal tessuto adiposo renale: l’utilizzo industriale è molto diffuso, soprattutto quando si va a parlare di impieghi alimentari, ma anche per altri usi particolari e piuttosto delicati. Tra l’altro, bisogna sottolineare un ulteriore aspetto, ovvero il fatto che il sego in questione viene estratto attraverso una opportuna fusione a temperature molto basse; al contrario, quando si ha a che fare con gli altri impieghi a cui si è appena fatto cenno, c’è da precisare che l’estrazione ha luogo anche a temperature che sono superiori ai cento gradi, con processi di fusione a vapore, sotto l’esercizio della pressione.