Chimica industriale: le varie tipologie di giallo

Nella chimica industriale il termine “giallo” si può utilizzare per molte soluzioni ed elementi: il primo che viene in mente è il giallo cadmio. In pratica, si tratta di solfuro di cadmio e viene preparato attraverso una opportuna azione di acido solfidrico su una soluzione di un sale di cadmio. In natura, esso si può trovare nel minerale che è meglio conosciuto con il nome di greenockite. Tra le caratteristiche principali che vale la pena menzionare figura senza dubbio la presentazione in cristalli rossi o gialli a seconda delle condizioni di precipitazione.

Per quel che concerne poi gli impieghi industriali più frequenti, c’è da dire che il giallo cadmio è molto utile come pigmento e viene venduto in commercio come miscela con ossido di zinco e solfato di bario (in questo caso prende il nome di “giallo di Napoli”). Il giallo cromo, invece, non è altro che cromato di piombo: esso si ottiene sostanzialmente per reazione di una soluzione di un sale di piombo con quella di bicromato sodico e forma dei cristalli gialli, i quali sono insolubili in acqua. Il classico uso industriale è quello che ha a che fare con la pigmentatura inorganica di vernici, carta e porcellane.

Il giallo di uranio, poi, viene sfruttato di solito per la coloritura del vetro, mentre il giallo martius si ottiene prevalentemente dall’alfa-naftolo, con un impiego molto diffuso come colorante di sostanze alimentari (un nome alternativo è quello di “giallo naftolo” non a caso). Il discorso viene completato dal giallo permanente, vale a dire il cromato di bario: si tratta in sintesi di una polvere pesante, solubile nei vari acidi, velenosa , ma comunque preziosa per la preparazione dei fiammiferi di sicurezza (l’altra denominazione con cui tale soluzione è nota è quella di “giallo di bario”). Il giallo solido, infine, serve a tingere lana e seta in un bagno acido.